La nostra Mission

L'Archeoclub di Pescara condivide la Mission istituzionale dell'Archeoclub d'Italia, di cui costituisce la Sede locale dal 1971, e cioè la Tutela e la Salvaguardia dei Beni Culturali Italiani, e la loro Valorizzazione a livello cittadino, provinciale, regionale e nazionale.
Sente però altrettanto forte l'esigenza di divulgare e di rinverdire il dibattito circa la Conoscenza, la Tutela e la Valorizzazione di tutto il nostro grande patrimonio culturale: dall'Archeologia all'Arte, dagli Archivi e Biblioteche al Paesaggio, alle Tradizioni Popolari.

giovedì 11 luglio 2013

L’Archeoclub di Pescara ha organizzato nel maggio scorso un viaggio nel nord dell’Etiopia per visitare i luoghi più suggestivi legati alla storia di questo paese, uno dei più antichi della cristianità, e anche alla storia coloniale italiana della quale restano ancora tracce significative.
L’articolo che segue è un mio racconto parziale del viaggio che si è snodato per centinaia di chilometri da Addis Abeba quasi ai confini con l’Eritrea.
Denominatore comune delle regioni attraversate: la grande povertà; bastano due dati: il 40% degli Etiopi è denutrita e il 60% è carente di acqua potabile.

ETIOPIA: Un paese antico governato dal fatalismo

Donne, uomini, bambini e animali: donne con scialli bianchi o variopinti, uomini con un bastone tra le mani che diventa ornamento o “avvertimento”; bambini di varia età allacciati alle madri, buoi, capre, asini: è un peregrinare quasi continuo sulle strade dell’Etiopia che accompagna il nostro viaggio di fine maggio nel nord del paese.
I mezzi di trasporto sono pochini al di fuori dei centri abitati, la gente cammina ore ed ore per raggiungere la meta, spesso un luogo di lavoro o un mercato, quando i gruppi si condensano il peregrinare assomiglia a un esodo.
Ad Addis Abeba, dove inizia e finisce il viaggio, il traffico è intenso, la gente è frettolosa, una parvenza di modernità traspare dalla disinvoltura dell’abbigliamento femminile e un servizio di vigilanza è attivo nelle strade a protezione dei turisti.
A maggio il clima è mite, si viaggia senza fatica e sull’altopiano, oltre i 3000 metri gli abitanti indossano più strati per proteggersi dal vento. Gli aratri di legno rudimentali incidono la terra aspra, il grano viene battuto a mano in un rituale da noi dimenticato. Nei pressi di Makallè una decina di dromedari adibiti al trasporto del sale si riposano sofferenti sul ciglio della strada col dorso sbiancato e consumato aspettando il nuovo carico. La nostra guida nel paese, Andrea, italiano di origine e “accompagnatore” da oltre 15 anni, racconta quanto siano importanti i mercati in Etiopia: ad Addis Abeba l’80% della popolazione vi si reca almeno una volta al giorno per comprare: nei mercati di campagna i percorsi per arrivarci da casa possono essere molto lunghi e durare molte ore. Spesso gli uomini  restano a dormire fuori e ne approfittano per imbastire flirt occasionali con donne locali.
La disinvoltura dei rapporti sessuali, senza precauzioni, fa sì che in Etiopia il livello di contaminazione dall’AIDS sia ancora molto alto, anche se le autorità stanno facendo massicci investimenti da qualche anno per combattere il virus. Attualmente più di 7 milioni di individui contagiati dall’AIDS sono sotto trattamento in tutta l’Africa.

Il fatalismo della gente in Etiopia non aiuta il cambiamento sociale. “ C’è tanto tempo libero e la gente dovrebbe lavorare di più - afferma Andrea – tutto qui è visto per volere di Dio: è un Dio che non ha a che fare con la religione: non c’è iniziativa privata: <il comunismo – aggiunge- ha indotto questa mentalità nella gente, abituandola ad essere organizzata dagli altri, dalle razioni alimentari, alla saponetta, alla carta igienica”.

Anche la Chiesa non sembra fare gran che per questa povertà che nelle campagne appare senza veli. “ La Chiesa”  – ci dice un notabile di Addis Abeba – pensa ad affittare i suoi beni, pensa ai profitti, ma non fa niente per la gente”.
L’assistenza medica è migliorata: prima, ai tempi di Menghistu, c’era un ambulatorio ogni 100 mila abitanti, oggi uno ogni 10 mila. Ma i contadini sono scettici, preferiscono curarsi con sistemi antichi, non lontani dalla stregoneria e anche per questo la mortalità è alta.
I diritti delle donne da 4 anni a questa parte sono rispettati maggiormente a livello ufficiale ma non attecchiscono abbastanza nella pratica perché resistono le abitudini ancestrali. Ad esempio il taglio  del clitoride sulle bambine è ora vietato per legge, pena 15 anni di prigione, ma pochissimi sono i genitori “innovativi” e il rito continua a consumarsi in silenzio.

Le tradizioni antiche affossano la ripresa sociale da una parte, ma hanno rafforzato dall’altra il credo religioso ortodosso. Per il bene della Chiesa anche i più poveri se sono profondamente credenti, fanno sacrifici economici pur di portare offerte alla loro comunità. Uno dei pellegrinaggi d’obbligo per un buon cristiano è quello che porta a Lalibelà. La Mecca Etiope, che prende il nome dal re che la volle “città santa” tra canyon e montagne e che l’abbellì di almeno dieci chiese rupestri, considerate ora tra i più grandi monumenti monolitici di tutta l’Africa. Gli architetti del cristianesimo copto scavarono i monti e costruirono tunnel nella roccia per offrire luigi di culto che si integrassero con le viscere della terra e che attirassero fedeli da tutto il continente.

Reminescenze infantili attraversano la mente. Località come Axum con i suoi obelischi, il Tigray, Adua, Gondar, sede degli imperatori d’Etiopia nei secoli diciassettesimo e diciottesimo. E ancora la regina Tayitù, la regina di Saba, l’imperatore Haile Selassiè, del quale si può visitare la scarna residenza ad Addis Abeba.
Proprio puntando sugli Italiani nostalgici un commerciante etiope, alla fine del viaggio, cerca di vendere a caro prezzo volumi malandati del periodo coloniale italiano. “Sono libri antichi” – dice in un italiano stentato mentre rovista negli scatoloni ingialliti dal tempo, ma non trova grande seguito.
Per la strada intanto c’è un rumore di ruspa made in China. I “colonizzatori” dell’edilizia adesso sono in gran parte cinesi e per gli Etiopi forse anche questo è visto “ per volere di Dio”.


Antonella Pieroni

mercoledì 16 gennaio 2013

L’IMU DISTRUGGERA’ I NOSTRI PICCOLI CENTRI STORICI


L’ IMU, oltre a colpire durissimamente i proprietari delle seconde case (anche coloro che avevano comprato un piccolo appartamento per arrotondare le modeste pensioni), porrà un problema sottostimato per i nostri piccoli centri storici dell’interno d’Abruzzo.

Come tutti sappiamo, questi nostri paesi sono sottoposti ad un continuo spopolamento e molti edifici, sopravvissuti all’abbandono causato dall’emigrazione, sono ancora in piedi solo perché i relativi proprietari, trasferitisi ormai in città e talora, anche in altre regioni, fanno sacrifici per conservare la casa paterna ove si recano durante le ferie o in occasione di alcune festività.
Ovviamente costoro non sono i VIP modaioli di Capalbio o di Porto Cervo, ma sono cittadini che sgobbano dalla mattina alla sera e conservano quelle case con relativa e costosa manutenzione, soprattutto per motivi sentimentali.

Talune costruzioni, e sono spesso le più importanti dal punto di vista architettonico, a causa del restauro troppo costoso ed impegnativo sono già state completamente abbandonate al loro destino.

L’arrivo della pesante IMU non farà che velocizzare ulteriori abbandoni e così, dei nostri paesi non resteranno che ruderi. Essi, infatti, pur sorgendo in luoghi indubbiamente belli dal punto di vista ambientale, non sono così appetibili dall’attirare facilmente acquirenti danarosi.

Al contrario andrebbe realizzata una politica fiscale che, nel favorire da una parte coloro che ancora resistono coraggiosamente a risiedervi, stimoli, dall’altra, l’investimento da parte di coloro che non siano alla ricerca di stazioni sciistiche alla moda, ma solo di tranquillità a costi sopportabili.

Giulio De Collibus

giovedì 10 gennaio 2013

IL DISASTRO DEI BENI CULTURALI AL SUD


Ben due miliardi di Fondi Europei destinati agli attrattori culturali stanno tornando a Bruxelles in quanto le regioni del sud non sono state capaci di utilizzarli presentando progetti validi.

Particolarmente inconcepibile è la perdita per i cinque siti dell’Unesco in Sicilia la cui situazione va peggiorando fra nuovi abusivismi, saccheggio della necropoli di Pantalica, sventramenti ad opera delle cave.
A Napoli, nel frattempo, alcune associazioni hanno provocatoriamente chiesto che la città venga cancellata dalla lista dei siti patrimonio dell’umanità ed hanno presentato un dossier circa chiese depredate, anche di recente, antiche ville sfregiate da furti e scritte vandaliche, una incredibile quantità di libri rari rubata dalla biblioteca dei Girolamini ecc.

E’ necessaria, quindi, una mobilitazione delle nostre sedi Archeoclub del meridione per ridestare e sollecitare l’attenzione dell ’opinione pubblica e richiamare la classe politica alle proprie responsabilità. In Sicilia dovremmo anche organizzare un’ iniziativa importante perché non è possibile rimanere inerti di fronte a certe situazioni.

Giulio De Collibus

lunedì 31 dicembre 2012

PARCO ARCHEOLOGICO DI COLLE DEL TELEGRAFO


Il Comune di Pescara ha stanziato i fondi per aprire la strada di accesso al Colle del Telegrafo e ripulire l’area circostante. Si tratta del primo passo per la costituzione del “parco archeologico” che vede impegnato l’Archeoclub di Pescara sin dagli anni ’70. Infatti nel 1975 l’Università di Pisa – Direttore degli scavi il Prof. Tommaso Di Fraia – scavò alcuni fondi di capanna situati ai piedi del ripetitore situato sul colle.

L’Archeoclub di Pescara diede, come sempre accade in queste occasioni, supporto logistico (fondi, materiale di scavo, ecc..) e partecipò con i propri volontari: cito, a memoria, Elena e Fulvio Di Cristofaro, Spartaco Amoroso ed il sottoscritto.

Nel 1976, nel vicino Colle Pietra, i soci dell’Archeoclub di Pescara Luciana Di Nino e Carlo Capperi segnalarono che, durante uno sbancamento, erano affiorati dei cocci. Il sottoscritto si recò sul posto e recuperò una “kylix” di tipo buccheroide che risulta essere la quarta recuperata in Abruzzo. I risultati scientifici sono stati pubblicati sul Quaderno n. 7 del Museo delle Genti d’Abruzzo e, in tale museo, il reperto è visibile.

Tutto questo per dire che l’Archeoclub di Pescara è particolarmente “affezionato” alla collina di Colle del Telegrafo e si augura che, al più presto, tutta l’area venga resa “fruibile” al pubblico diventando una zona “didattica”.

Auspichiamo che, nella fase di preparazione ed allestimento, l’Archeoclub di Pescara venga coinvolto a pieno titolo dalla Soprintendenza Archeologica e dal Comune di Pescara data la particolare considerazione che quest’ultimo ha attestato al nostro sodalizio affermandone la “vocazione” archeologica.

Non va nemmeno sottaciuto un aspetto storico di non poco rilievo. La Città di Pescara, dopo le rilevanti scoperte romane (porto di Ostia Aterni, mosaico sulla golena del fiume, cattedrale di Santa Croce in Gerusalemme) può vantare una origine che affonda le sue radici sino nella lontana preistoria.

Michele Del Castello

giovedì 22 novembre 2012

UN ORDINARIO ESEMPIO DI STUPIDITA'


Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a suo tempo interrogato dalla prefettura di Roma relativamente alla procedura di iscrizione di alcune modifiche statutarie di Archeoclub d'Italia nel Registro delle persone giuridiche, ebbe ad osservare che le attività volte a "tutelare, promuovere e valorizzare le cose di interesse artistico e storico di cui alla legge 1089/39, comprese le biblioteche" inserite nel nuovo statuto fra gli scopi associativi, erano di propria competenza esclusiva e che la valorizzazione e la promozione possono essere attuate da privati secondo le procedure del codice dei Beni Culturali del 2004.

Questa becera ed ottusa visione, degna di quella parte più retriva di tromboni ultra statalisti che ancora alligna nel Ministero e che lo sta portando al suo rapido dissolvimento, confonde tutte le attività dirette od indirette di tutela che qualsiasi cittadino ha il diritto di porre in atto, con quella amministrativa che, quella sì, è di competenza dello Stato.

La tutela (e se avessimo usato i sinonimi "salvaguardia" o "difesa"?) si può svolgere in tanti modi diversi, come fanno proprio le nostre sedi, con segnalazioni, denunce, campagne di stampa, proposte di legge, collaborazione con le istituzioni, sollecitazioni degli enti pubblici, sensibilizzazione dell'opinione pubblica, senza dunque invadere il campo riservato ai suddetti tromboni.

Ed il F.A.I., quando acquista un bene in degrado e lo rivitalizza, non svolge forse attività di tutela e valorizzazione? E che senso ha prima il dichiarare che anche la valorizzazione è di competenza esclusiva del dio Stato (sciocchezza megagalattica), per poi precisare (bontà loro) che anche i privati possono esercitare attività di valorizzazione e promozione secondo il " Codice Urbani" e, aggiungiamo noi, conformemente all'art.110 della costituzione?

Sono tantissime le attività umane che possono svolgersi solo in conformità delle norme dei codici civile, commerciale, penale e  non solo quelle previste dal "Codice Urbani" o dalla precedente legge del "39.

Questi signori sono, probabilmente, gli stessi che continuano ad ingessare il Ministero, gelosi delle loro prerogative come se essi fossero non i tutori, ma i padroni ed i padrini del nostro patrimonio culturale, incapaci di aprirsi alla società ed ai cittadini che sono i veri ed unici detentori di ogni potere. Non per nulla la Costituzione, all' art. 9, dice che la "Repubblica" (non lo Stato) tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione. E la Repubblica siamo noi tutti.

Combattere queste incrostazioni del peggior conservatorismo deve essere, a mio avviso, uno dei prossimi impegni cui siamo chiamati quali "movimento di opinione pubblica".

                                                                                                    Giulio De Collibus

P.S: A Paestum, in occasione dell'annuale fiera del Turismo Archeologico, il prof. Andrea Carandini, che non è certo l'ultimo arrivato, ha definito il MIBAC “ un morente ibernato”. Noi vogliamo che sia rivitalizzato ed ammodernato perché sia adeguato all'importante compito che deve svolgere.

Ma voglio segnalare a tutti quanto ha dichiarato il Presidente della Repubblica nel corso del suo alto intervento in occasione degli “Stati Generali della Cultura”. Riferendosi, appunto, all'art. 9 della Costituzione, Napolitano denuncia “......... ebbene, quanto oggi le istituzioni della Repubblica “tutelano”? Promuovono e tutelano ancora pochissimo in modo radicalmente insufficiente” e proseguendo nella sua lucida analisi:“in tutti i settori, anche in quelli che fanno capo ad attività culturali, occorrono scelte non conservative per quel che riguarda le strutture e per quello che riguarda le realtà che si sono venute accumulando ed incrostando nel corso del tempo. Guai se dovessero prevalere atteggiamenti difensivi di difesa e conservazione di tutto l'esistente ; e anche, diciamo pure, guai se dovessero prevalere atteggiamenti puramente difensivi di posizioni acquisite in termini di categoria, in termini corporativi”.

mercoledì 29 agosto 2012

Bosco di S. Antonio


ANCHE GRAZIE AL PREMIO SCARPA FORSE SALVO IL BOSCO MONUMENTALE DI S.ANTONIO A PESCOCOSTANZO (AQ).
 
Il prestigioso Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, assegnato recentemente al Bosco di S. Antonio, straordinaria faggeta in Comune di Pescocostanzo (AQ), aveva riacceso i riflettori su questo eccezionale patrimonio di natura e cultura.

Nei giorni scorsi si è svolto a Pescocostanzo un Convegno di cultori e studiosi, articolato su due giornate e coordinato dal prof. Francesco Sabatini, già Presidente onorario dell'Accademia della Crusca e della delegazione abruzzese della Deputazione di Storia Patria, per salvare dal degrado un monumento della natura preservato per secoli ed in difesa del quale erano intervenuti, a suo tempo, Benedetto Croce e Gaetano Salvemini, con relativo decreto del presidente Luigi Einaudi, ma che negli ultimi decenni correva gravi rischi di stravolgimento.

Questo bosco, che è stato definito il biotipo forestale più bello e famoso dell'Italia centrale, era stato sempre vissuto e governato dall'uomo, quale spazio interdetto agli animali selvatici predatori ed agli ovini, e destinato a pascolo alberato per cavalli e buoi, ospitale per una lunga lista di organismi viventi. La sua totale interdizione all'attività umana, quale zona di riserva integrale stabilita dal Parco Nazionale della Maiella, lo stava rapidamente trasformando in una boscaglia arbustiva privata di quella necessaria e fondamentale manutenzione, che le popolazioni locali per secoli avevano attuato.

Il Convegno, che ha registrato una comune presa di posizione da parte di illustri personalità della cultura e della scienza, ha visto nella seconda giornata la partecipazione del Direttore del Parco, Nicola Cimini, il quale, convinto dalle argomentazioni dei relatori, ha assicurato una modifica delle drastiche passate decisioni dell'Ente sul sito in questione.
Non sempre, infatti, l'eccesso di tutela fa l'interesse del soggetto cui è destinato, ma ottiene spesso risultati opposti.

Abbiamo trovato molto calzante l'esempio fatto dal Dr. Giovanni Tavano: “è come se il Colosseo fosse stato ricoperto da una fitta edera, per salvare la quale si rinunziasse a fare la necessaria manutenzione dell'edificio, destinandolo quindi alla rovina”.

martedì 28 agosto 2012

Lo sapevi che...

I simboli dei quattro Evangelisti sono di origine assira
Il cosiddetto Tetramorfo, che nell'iconografia cristiana medievale indica simbolicamente i quattro Evangelisti, proviene direttamente dalla mitologia degli Assiri, ma se ne ignorano ancora i meccanismi di derivazione e migrazione concettuale da una religione all'altra.
La religione assira riteneva, infatti, che i quattro angoli del mondo fossero abitati, protetti e sostenuti da quattro dei astrali:
- Marduk, rappresentato come Toro alato (cfr. Matteo).
- Nebo, rappresentato come Angelo o Uomo alato (cfr. Giovanni).
- Nergal, rappresentato come Leone alato (cfr. Marco).
- Ninurta, rappresentato come Aquila (cfr. Luca).